Dal rapimento di Proserpina fiorì la primavera in Siciliafonte: http://entasis.it/

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    Ho le braccia a pezzi a forza di abbracciare le nuvole. (Charles Baudelaire)

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    La mitologia ha convertito in eventi straordinari quei fenomeni fisici che in passato hanno determinato la formazione del mondo. Nel caso delle leggende legate alla storia dell'Isola, un esempio è il mito di Proserpina, figlia della dea Cerere, il cui sacrificio si credeva avesse determinato il sorgere della primavera e l'abbondanza dei frutti, che sempre hanno reso famosa la fiorente terra di Sicilia.

    E' una vicenda tramandata oralmente dal popolo, ripresa negli inni orfici, trascritta da molti autori della letteratura latina, basti ricordare la vivace narrazione del cosiddetto "ratto di Proserpina" nel quarto dei Fasti ovidiani o il poemetto in quattro libri di Claudio Claudiano.

    Racconta la leggenda che nelle vicinanze di Enna, venne Cerere a fecondare le terre, a portare la vita con la giocondità dei suoi doni. Cerere, sorella di Giove, era venerata come la dea che aveva insegnato agli uomini a coltivare i campi e a renderli rigogliosi. Cerere era la Madre terra.

    Aveva una figlia incantevole di nome Proserpina, una fanciulla spensierata ed allegra, che soleva giocare con le compagne nei verdi prati alle falde dell’Etna. In quel tempo la dea Atena, insieme con ninfe amiche, dimorava presso l’Imera; la bella Artemisia prediligeva le sponde dell’Anapo. Biondeggiavano esuberanti le messi dei campi e tutti gli Dei discendevano dall'Olimpo per assistere alla festa della natura creata da Cerere.

    Un giorno Proserpina, in compagnia delle Oceanine e sotto lo sguardo materno, era intenta a cogliere i fiori del prato. Inavvertitamente si discostò dal gruppo, per prendere un bel narciso. Ecco all'improvviso davanti a lei aprirsi la terra e sbucare dal profondo Plutone sulla sua carrozza trainata da cavalli prorompenti. In quell'attimo di sorpresa, Plutone afferra la giovinetta, e incurante delle sue grida pietose, la trae di forza nella carrozza e scompare nuovamente nelle viscere della terra. Un rapimento d'amore, visto che Plutone ha ghermito Proserpina per farne la sua sposa; ma anche un rapimento di morte.

    Plutone in realtà era il più odiato fra tutti gli dei, perché il suo regno era quello delle ombre. Proserpina era morta con lui e tutto ciò era avvenuto con il consenso di Giove.

    Cerere allarmata dalle grida della figlia cominciò a cercarla in ogni dove, ma invano. Corse forsennata in tutta l’isola, cercando e ricercando, disperata, Proserpina: chiedendo, ma nessuno sapeva darle notizia; frugando, senza darsi riposo dall’alba al tramonto. Calata la notte, accese alle falde dell’Etna due ramoscelli di pino, fiaccole improvvisate che per rischiararsi la via. E così fece per nove giorni e nove notti, senza prendere riposo, né cibo. Ancora invano.

    Plutone era sceso agli Inferi, e in onore della delicata sposa, aveva fatto scaturire, una fonte azzurra, la fonte Ciana.

    Malgrado Cerere avesse corso a lungo, sul suo carro trascinato da draghi, cercando in ogni angolo della terra le tracce della figlia scomparsa; nonostante avesse fatto dono agli uomini della mitezza leggi, poté solo sapere dove fosse stata trascinata sua figlia, non riaverla.

    La verità le fu palesata da Elios, il dio Sole, che illumina la terra e con la sua luce discopre ogni trama oscura. Elios, che tutto vede e tutto ascolta, non poté non rivelare a Cerere lo svolgimento dei fatti, né tacere del consenso di Giove ai tragici eventi.

    Cerere, distrutta dal dolore e dal tradimento del fratello, decise di ritirarsi, appartandosi dall'Olimpo, immersa nel tormento dell'animo e risentita contro tutti gli Dei, che in questa vicenda non si erano mossi ad aiutarla, contro le decisioni di Giove, al quale aveva chiesto, ripetutamente ma inutilmente, che le fosse restituita la figlia sottratta da Plutone.

    Senza le cure della Madre terra, cessò dunque la fertilità dei campi e vennero i tempi della carestia e della morte. Giove vedendo la fame sterminare intere popolazioni, mandò in più riprese messi ad ammansire l'indignata Cerere, la quale irremovibile nel suo dolore rispondeva che sarebbe tornata alle cure della terra, solo dopo avere riottenuto in vita Proserpina. Giove, allora, spedì Mercurio come messaggero da Plutone.

    Ma Proserpina aveva ormai perso la sua verginità, gustando il melograno, simbolo d'amore, che Plutone le aveva donato. Era dunque a tutti gli effetti sua sposa, e non poteva più tornare, fanciulla, definitivamente da sua madre.

    Allora Giove, mosso a compassione, decise che Proserpina sarebbe ritornata ogni anno sulla terra e sarebbe rimasta a far compagnia a Cerere per un lungo periodo, dalla stagione primaverile fino all’epoca del raccolto, che in Sicilia, Isola dal clima mite, si protrae sino in autunno inoltrato. A conti fatti, ben due terzi dell'anno.

    La leggenda quindi vuole che Proserpina risalga alla superficie della terra, per ricoprire di fiori tutta l'Isola e portarvi il soffio creatore dell’abbondanza. Poi scompare all'apparire dei freddi invernali, per rinascere, insieme alla vegetazione, con la primavera successiva.

    Di Sergio Bertolami
     
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