Ho le braccia a pezzi a forza di abbracciare le nuvole. (Charles Baudelaire)
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Sulla versione inglese di Wikipedia si parla dell'espressione "surplus women", che fu coniata già ai tempi della Rivoluzione Industriale, con le guerre la situazione è andata peggiorando.
Ho trovato questo articolo del 2008 su LaRepubblica.it, parla delle "donne di troppo" inglesi del Novecento:
CITAZIONE La sfida delle donne di troppo
Una mattina d' autunno del 1917, la direttrice della scuola per signorine di Bournemouth High, Inghilterra, radunò le allieve dell' ultimo anno, quasi tutte in lutto per la morte di un loro congiunto ucciso sul fronte occidentale, per dar loro la più ferale delle notizie: «Solo una tra dieci di voi potrà sperare di trovare marito. Non è una mia illazione, è un fatto certo. Quasi tutti gli uomini che avrebbero potuto sposarvi sono morti. Sarete costrette ad imparare a cavarvela da sole: la guerra vi ha aperto molte più opportunità di quanto ce ne fossero prima. Ma dovrete affrontare il pregiudizio, dovrete lottare, dovrete combattere». La diciassettenne Rosamund Essex per tutta la vita non dimenticò il funesto presagio, e si ritrovò tra le nove su dieci ragazze della scuola che rimasero senza un uomo perché non ce ne erano abbastanza per tutte. Nelle sue memorie, scritte sessant' anni dopo, ricorda: «Fummo obbligate ad affrontare il fatto che la nostra vita non aveva che un solo misero sbocco. Mai avremmo avuto quel tipo di felicità domestica in cui noi stesse eravamo state allevate. Non ci sarebbero stati né marito, né figli, né sesso, né un legame naturale tra uomo e donna. Davvero ci aspettava un' autentica lotta». La Prima guerra mondiale, in cinque anni, dall' estate del 1914 al novembre del 1918, aveva cancellato una intera generazione di mariti o di giovani che, se avessero vissuto, lo sarebbero diventati. Sui campi di battaglia persero la vita 2 milioni di tedeschi, 1.700mila russi, 1.358mila francesi, 1.100mila austroungarici, 761.213 inglesi, 480mila italiani, 251.900 sudditi dell' impero britannico, 114.095 americani. La storia non ha approfondito uno dei drammatici effetti collaterali di quella carneficina: milioni di donne si ritrovarono sole, vedove o con nessun marito nel loro futuro. Erano nate tra il 1885 e il 1905, come i giovani uomini perduti nel fango e nel sangue delle trincee: le aspettava una vita allora mutilata, quella della donna non maritata, e il reclutamento nel desolato e disprezzato esercito di quelle che venivano chiamate, con fastidio o compatimento, zitelle. Il censimento del 1921 contò che tra Gran Bretagna e Galles gli uomini erano 18.082.220, le femmine 19.803.022; circolavano nel paese 1.720.802 donne in più del necessario: e infatti furono subito chiamate ufficialmente «surplus women», le donne in esubero, in eccesso, quindi superflue se non dannose all' equilibrio della famiglia, della società, della nazione. Senza un marito, chi avrebbe garantito legalmente per loro, chi le avrebbe mantenute, protette, sorvegliate? Prive della indispensabile maternità sarebbero impazzite? Abbandonate a se stesse, si sarebbero date al meretricio insidiando bravi padri di famiglia, o sarebbero cadute nell' uranismo? Avrebbero preteso di mantenere il lavoro svolto durante gli anni di guerra in sostituzione degli uomini al fronte e poi magari addirittura una pensione? Avrebbero accampato con più forza l' estensione del voto, (accordato nel 1918 dal governo Asquith alle donne ultratrentenni e possidenti), ingigantendo gli eccessi delle suffragette? Oppure sarebbero diventate quelle fastidiose, miserevoli figurine della tradizione e dei romanzi, la famose "spinsters", le zitelle sopportate dalla famiglia nella veste di zie cui affidare le cure dei nipotini, o destinate a invecchiare sole, senza mezzi, ridicolmente abbigliate, con l' unica compagnia di un gatto, rassegnate eppure ugualmente fastidiose? Single Out si intitola il libro di Virginia Nicholson, che racconta come le ragazze inglesi senza marito degli anni Venti sopravvissero al loro destino funesto e come molte di loro se ne servirono per liberarsi dalla sottomissione vittoriana scoprendo i vantaggi della libertà, dell' autonomia, della creatività, delle carriere di successo. Ancora oggi, in un mondo invaso da single ambosessi, si discute se sia meglio avere o no famiglia, e ci sono delle ardimentose che scelgono di loro volontà di non aver marito: ma l' amore, l' amore, tutte lo vogliono sino a cent' anni e che disperazione se un reo destino glielo nega. Figuriamoci allora, anche in Italia, quale marchio di desolazione fosse veder negato il proprio destino, l' unico assegnato alle donne, di sposa, casalinga e madre. «Dimenticata sullo scaffale», «vecchia ragazza», «zitella assetata di sesso» erano i vari modi sprezzanti in cui venivano chiamate le donne surplus, che attorno ai venticinque-ventisei anni entravano nell' angosciosa e inesorabile prospettiva dello zitellaggio. «La vita mi passa accanto, lasciandomi piena di desideri segreti~ Vorrei tanto intravedere qualche possibilità di matrimonio futuro, per via dei figli, ma anche per il lato fisico~», ha lasciato scritto Alix Kilroy nel diario che Virginia Nicholson ha ricuperato, assieme ai tanti altri cui ha attinto per il suo libro. Allo stereotipo della donna dimenticata nella sua solitudine corrispondevano Yvy Compton-Burnett e le sue cinque sorelle e sorellastre, cui la guerra aveva distrutto ogni possibilità di trovare un marito e farsi una famiglia. Yvy morì nel 1969, e negli anni della maturità era diventata una scrittrice venerata dagli intellettuali (Mariti e mogli, Madre e figlio), ma non abbandonò mai il suo aspetto "spinterish", grigio e dimesso, da governante anni Venti, per non dimenticare, né far dimenticare, tutto il dolore e il senso di sconfitta che avevano segnato la sua giovinezza. Non tutte le surplus women però parevano disposte ad accettare una condizione di umiliante grigiore per il solo fatto di non essere mogli e madri: in tante cominciarono ad agitarsi, riunirsi in associazioni (come la potente National Spinster Pension Association), inviare petizioni, pretendere di uscire dall' invisibilità e dall' inutilità: diventando così un problema sociale e addirittura politico, che non poteva più essere ignorato. «Un milione di donne di troppo/comincia la caccia al marito» titolava il Daily Mail del febbraio 1920, pubblicando vignette di giovanotti in fuga inseguiti da un' orda di fameliche signore; oppure allarmava i lettori paragonando i quasi due milioni di donne sole a un «disastro dell' umanità», «mignatte» che si incollavano ai parenti, «rubapane a tradimento» perché lavorando occupavano posti destinati ai soldati smobilitati. Politici e scienziati attaccavano: la famiglia sarebbe crollata perché i mariti erano circondati da troppe donne sole e disponibili. La tentazione avrebbe viziato e logorato gli uomini. Alcune zitelle avrebbero potuto formare tra loro legami particolari e vergognosi. Perché non togliersele di torno mandandole nelle colonie, come in passato erano stati deportati prostitute e criminali? I soldati scampati al macello tornavano feriti nel corpo e nello spirito, e le ragazze, in piena salute, pensavano solo a ballare, a tagliarsi le gonne e i capelli, suscitando esecrazione. Ma molte, colpevolizzandosi, pubblicavano inserzioni matrimoniali del tipo: «Signora, fidanzato ucciso, sposerebbe volentieri ufficiale cieco o con altra infermità causata dalla guerra». Una gran quantità di donne superflue scoprirono per la prima volta nella loro storia che la solitudine poteva essere un privilegio; che non rinchiuse nella supposta felicità domestica potevano diventare eminenti dottoresse, ingegneri, entomologhe, esploratrici, architette, archeologhe come Gertrude Caton-Thomson, e persino indossatrici d' alta moda. Che potevano dedicarsi al miglioramento delle periferie degradate, diventare attiviste politiche e missionarie in Africa e Asia e aiutare bambini sofferenti e lebbrosi. La professione in cui le donne sole trovarono rifugio ma non sempre serenità fu l' insegnamento, che divenne però il marchio dello zitellaggio: meglio tener nascosto ad eventuali corteggiatori il proprio lavoro, meglio fingersi dattilografe e commesse. I giornali: «Che peccato che i genitori abbiano consentito alla figlia di insegnare, non si sposerà mai!». Come sempre, gli uomini erano sospettosi di tutto ciò che riguardava le donne (ancora adesso!) e il fatto che dominassero nelle scuole pareva pericoloso: insegnanti zitelle, quindi affamate di sesso, non avrebbero corrotto alunni e alunne? O, in quanto nevrasteniche e frigide, non sarebbero state capaci di gesti insani? Del resto, se capitava che l' insegnante trovasse qualcuno disposto a sposarla, veniva immediatamente licenziata. Solo nel 1961 la scrittrice Muriel Spark diede nel suo Gli anni fulgenti di Miss Brodie la descrizione dell' insegnante zitella tra le due guerre: sexy, romantica, irriverente, come lei ne aveva conosciute. Le signorine si stavano liberando per sempre dalla vergogna e dall' esclusione. Le più coraggiose «saltarono il fosso»: prima dei trent' anni bisognava liberarsi della verginità, dopo, si confidavano le amiche, sarebbe stato troppo tardi. «I mariti scarseggiano ma gli amanti spuntano su ogni albero». Molte signorine scansarono la solitudine andando a vivere insieme, e figuriamoci che reazioni ebbero i benpensanti. Tra queste convivenze ce ne erano di innocenti, ma anche no: in ogni caso la relazione tra donne non poteva essere nominata se non come pericolosa malattia e deviazione. Ma Radcliffe Hall, con il Pozzo della solitudine, rese il lesbismo alla moda: quando nel 1928 il romanzo fu processato per oscenità, Hall arrivò in tribunale elegantissima e fatale, diventando una diva internazionale. Il libro fu condannato alla distruzione diventando un bestseller clandestino. La zitella stava diventando una donna in carriera, libera sessualmente e socialmente. Peccato che quella libertà, come capita sempre nella storia delle donne, non durò molto. In Italia poco dopo fu il fascismo a rinchiuderle nelle pareti domestiche a dare figli alla patria.
NATALIA ASPESI
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