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“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.
(Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, 1851).
Scrissi una favola tempo fa, "Il piccolo riccio". Non conoscevo questo pensiero, non so dire se mi abbia rincuorata o amareggiata.. -
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Parega e Paralipomena è sempre stato un brutto libro per me, non sono mai riuscito a ricordare il titolo al primo colpo . -
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Non ti so dire perché non l'ho letto, non mi sogno di leggere scritti di filosofi senza neanche avere un'infarinatura della materia, però quest'idea mi ha colpita.
Tu che ne pensi?
Per quanto riguarda il titolo, la prima volta ho letto "Paperoga" e ho decisodi abbreviarlo così!. -
.Per quanto riguarda il titolo, la prima volta ho letto "Paperoga" e ho decisodi abbreviarlo così!
io non riesco nemmeno a pensarlo, quel titolo è una metafora sul fatto che vivendo in una comunità si deve trovare un punto di equiliibrio fra le necessità dei singoli?. -
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Riguarda le varie relazioni: io ho trovato questo estratto in un articolo che parlava di coppie, forse l'esempio più "pratico" per far capire l'idea: una vicinanza che sia abbastanza da dare il calore umano necessario, ma non così tanta da soffocare l'individualità. Insomma parla dei confini da non superare, quell'equilibrio difficile da raggiungere che sta tra il troppo e il nulla.
O almeno per me lo è sempre stato e lo è ancora..